METODO E FORMA
Dall’funzionalismo pragmatico al plasticismo formale
Antonino Saggio, Progettare la residenza
Baires Raffaelli,
Semantica e tipologia della forma nell’architettura contemporanea
Le due dissertazioni prese in esame, sono state
elaborate all’interno del Dottorato di Ricerca in “Architettura – Teorie e
Progetto”, Università degli Studi di Roma “Sapienza” a distanza di vent’anni
l’una dall’altra: trattano gli aspetti metodologici e formali
dell’architettura. La prima impressione è di un apparente contrasto fra i due
aspetti “metodologico e formale”, analizzando accuratamente i due testi emerge
chiaramente, che non c’è conflittualità ma piuttosto complicità vicendevole, se
pur trattando gli argomenti in modo diverso. Nel caso di Antonino Saggio, l’iter
progettuale è esplicito[1],
i rapporti tra ricerca e progettazione vengono indagati operativamente, si
forniscono suggerimenti, idee, informazioni e metodi anche diversi tra loro.
L’azione progettuale è sviluppata e sostenuta grazie ai livelli “enunciativi” e
“conoscitivi”, mentre Baires Raffaelli fonda il suo lavoro sulla ricerca formale
focalizzata sui “progetti esemplari”, proprio perché l’interesse e la finalità della ricerca è la
comprensione dell’operazione eseguita[2].
Ruolo importante nella ricerca di Raffaelli è attribuito al programma[3]
funzionale dell’edificio. Il tutto passa in secondo ordine in quanto l’esito
finale è inserito nel plasticismo formale.
Nel primo caso Saggio ci fornisce una serie di informazioni e
riflessioni pertinenti alla progettazione della residenza nel contesto delle
problematiche future, ma contemporaneamente porta avanti l’indagine[4]
sugli rapporti tra ricerca e progettazione attraverso esempi di reciproca
integrazione[5].
I progettisti italiani devono fare i conti oltre che con l’oramai
consolidata attenzione alla città costruita anche con dei nuovi aspetti che in
sintesi sono: densità residenziali adeguate, le soluzioni insediative e
distributive adeguate, lo sviluppo organico nei diversi ambiti della vita
residenziale, la risposta al cambiamento nella struttura della popolazione e la
standardizzazione e progettazione partecipata.
Si può affermare con certezza che questo è uno studio fondato e portato
a termine grazie alla dettagliata analisi di queste “priorità”, e alla
chiarificazione delle conseguenze che esse comportano per il progetto
residenziale.
Vengono approfonditi e studiati gli argomenti che riguardano, gli spazi
residenziali, temi distributivi, gerarchia, materiali e informazioni,
riflessioni e conoscenze tutto ciò per individuare le priorità e le
implicazioni progettuali.
A sostegno di questa tesi sono presentati due progetti tipo. L’uno,
realizzato, affronta la ricchezza e la complessità nella progettazione della
residenza. L’altro, non realizzato, si focalizza sul percorso progettuale.
L’azione progettuale è sviluppata e sostenuta grazie ai livelli
“enunciativi” e “conoscitivi”.
L’articolazione degli spazzi[6]
residenziali su una griglia scalare individuati e analizzati su sette spazzi
diversi, diventa strumento di controllo.
Il susseguirsi di spazi e forme (città – organismo residenziale) si
risolve tramite l’accentuazione per similarità o per contrasto (Roma –
Corviale, Marsiglia-Unitè, Vienna Rossa – Karl Marx Hof, Londra – Odhams Site).
I sistemi distributivi vengono trattati attraverso la rivisitazione del
sistema a “percorso pensile e quello per case sovrapposte”. Una dualità
permanente in questa dissertazione è il binomio regole fisse-componenti
variabili.
Il metodo presenta un livello di astrazione e complessità superiore al
livello spaziale e distributivo .
La presenza e l’illustrazione di numerosi progetti, rende questa analisi
un “progetto pilota” per
l’individuazione di un modo operativo di affrontare i temi in oggetto.
A mio avviso, qui vengono trattati anche una serie di altre questioni
che a prima vista potrebbero sembrare secondarie, ma che invece giocano un
ruolo fondamentale nella completezza degli argomenti trattati.
Barriere architettoniche e psicologiche (continuità degli spazzi
collettivi), progetto architettonico e progetto sociale, guida alla giusta
regolazione della vita collettiva e dall’aspetto comunitario piuttosto che quello pubblico.
I temi e le problematiche affrontate nella prima parte si sono
rappresentate tramite un’applicazione pratica. Viene analizzato un progetto di
case basse ad alta densità realizzato in un contesto urbano di rilevanza
storico-ambientale (Penn’s Landing Square).
Il quartiere rappresenta, anche grazie ai dieci interventi realizzati di
Louis Sauer, uno degli esempi di rinnovo urbano più riusciti al mondo in virtù
di un intelligente compromesso tra il rispetto della tradizione e le esigenze
dell’evoluzione storica, tra le regole del libero mercato e il controllo sulla
qualità architettonica. Certamente non è un modello di facile realizzazione,
verrà fuori solo dopo una serie di tentativi, coinvolgimento attivo del
quartiere nella vita della città attraverso il recupero finalizzato di alcuni
manufatti storici e la contemporanea riedificazione di nuove strutture
soprattutto residenziali, conoscenza del luogo e interazione progettuale. Una
cosa molto importante che viene messa in evidenza dalla ricerca espressiva e la
relazione con il contesto, è la riflessione di Sauer[7]
sull’insegnamento di Kahn[8]:
un order può sopportare molti design. Il valore dell’istituzione pubblica a cui
risponde con l’andamento continuo del perimetro era l’ordine concettuale entro
cui si poteva muovere la diversificazione dei prospetti in risposta alle varie
situazioni di contesto.
Un altro elemento fondamentale, è il progetto redatto per il concorso
internazionale dall’autore A new american house che pone argomenti interessanti
per la ricerca progettuale nel settore residenziale.
Questo intervento sarà caratterizzato da “Scopi e Alternative” per poi
portare ad un risultato finale tramite una serie di “Ipotesi – Verifica”. A
supporto di quanto prefisso, l’autore viene supportato da una serie di condizioni
che abbiamo già menzionato precedentemente quali flessibilità, partecipazione
attiva e collettività che servono a verificare il buon esito del risultato
finale in una serie di alternative[9].
Qui entrano in gioco una serie di circostanze che il progettista non può non
tenere conto, nuove alternative vengono generate fino a che la verifica con gli
scopi non avranno successo, fino a dare forma architettonica alle scelte.
La ricerca è estesa nel ambito didattico attraverso i metodi di Analisi e
Sintesi[10].
Si comprendono i diversi aspetti del problema. Il lavoro di gruppo fornisce una
rappresentazione completa e chiara del progetto.
Mentre per Saggio, gli aspetti di metodo, convergono su aspetti di
natura spaziali o distributive, Raffaelli parte decisamente sugli sviluppi
formali e plastici. Entrambi hanno fiducia sulle possibilità di esplicitare dialetticamente
i propri temi[11].
Il termine “tipologia[12]”
non è mai presente in questo lavoro, per una ragione che l’autore decide di rendere chiara, soltanto in fase
conclusiva. In pratica il termine tipologia non appare mai per la sua mancanza
di certezza, forse questo è dovuto alle tre interpretazioni prevalse in Italia,
Argan _Gazzola; “forma base”, Rossi – Aymonino; “in rapporto binario con la
morfologia urbana”, Muratori – Caniggia; “memoria operativa, spontanea,
antropologica del costruire e delle sue regole”. Per queste regole l’autore
punta su “spazi residenziali”, “sistemi insediativi” o “sistemi distributivi”.
Vi è una sottile connessione di lettura di quest’ultimo punto con la dissertazione
di Baires Raffaelli.
Se l’architettura nasce da un idea[13]
allora c’è un solo modo per esprimerlo, tramite un sistema unico per ogni
progetto[14],
la propria individualità. In questa disertazione emerge chiaramente che lo
studio si basa principalmente al “sistema formale”[15],
prende in esame alcune architetture molto note, di chiara articolazione del
processo tipologico e formale: la scelta ricade su Steven Holl, Rem Koolhaas,
Sanaa, Herzog & De Meuron, MVRVD.
Vengono individuate, quattro operazioni successive. La prima come già
scritto consiste nell’individuazione di architetti contemporanei dove è
riconoscibile uno stretto legame tra teorie legate al lavoro sulla forma ed
elaborazione progettuale. La seconda individua dei progetti che riconosca il
lavoro sulla forma fino a diventare veicolo e manifesto culturale. La terza,
analisi della forma per ogni progetto. La quarta, sintesi e classificazione
tipologica finalizzata ad individuare delle categorie spaziali che abbiano il
ruolo di coordinate entro cui si sviluppa e si muove gran parte
dell’architettura contemporanea. Si manifesta di volta in volta un certo
ripensamento sul volume, cioè la ricerca formale si basa solo ed esclusivamente
sull’aspetto estetico dell’edifico ma anche in questo caso è il “programma” che
deve portare alla progettazione dello spazio architettonico, anche sé la forma
diventa veicolo trainante.
Stabilito il programma funzionale si procede mediante alcune operazioni di
tipo plastico:
definizione del volume, massa e materia, composizione additiva, materializzazione,
trasformazione del volume, quindi si da forma all’architettura contemporanea.
[1] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
“Esplicitazione dei termini, delle
problematiche, del campo di applicazione delle soluzioni. Non perché si ritiene
che tutto vada esplicitato nel fare progettuale, ma perché si ritiene, allo
stesso tempo, che il progresso delle conoscenze e quindi la loro
trasmissibilità possa, per altro ovviamente, passare solo attraverso la
comunicazione esplicita”.
“Progettare uno spazio architettonico significa
soddisfare un programma elaborato sulla base di considerazioni pregresse
derivanti dal carattere antropomorfologico del luogo, dalle richieste della
stessa destinazione, dell’utenza e della committenza. Pertanto ha poco senso
iniziare un progetto col disegnare arbitrarie forme in pianta non coerenti col
programma sopraesposto”.
[3] Matthew Frederick, 101 Things I Learned in Architecture School, MIT Press, 2007
“Pensate piuttosto alle richieste del programma
in modo tale da determinare tutte le esigenze specifiche dell’attività che
verrà praticata in quel determinato spazio. Provate a immaginare situazioni o
esperienze reali che vi avranno luogo cosi da progettare uno spazio
architettonico in grado di accoglierle e favorirle”.
Krenar Gjokeja: Quali erano le motivazioni che l’hanno
indotto a scrivere questa tesi?
Antonino Saggio: Ho considerato questa tesi il compimento di
dieci anni di lavoro sul tema residenziale.
“Rappresentativi in diverse fasi furono gli
interventi di 1) del Tiburtino di Mario Ridolfi e di Ludovico Quaroni, le case
al Tuscolano di Mario DE Renzi e di Saverio Muratori, le case alla Martella e a
San Giusto di Quaroni, le case a Falchera di Giovanni Astengo, 2) il progetto
per la Barene di San Giuliano di Quaroni, quello per Tor de’ Cenci di Carlo
Aymonino e Luisa Anversa, il Gallaratese di Aymonino, Vigne Nuove di Lucio
Passarelli, il Corviale di Mario Fiorentino, 3) le case a Mazzorbo di Giancarlo
De Carlo, le case della Giudecca di Gino Valle”.
[6] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
“Un complesso residenziale determina la
creazione di una serie di spazi che hanno delle esigenze, funzionalità,
configurazione diverse. Il successo dell’intervento dipende – in buona misura –
dalla comprensione delle domande che convergono nei diversi spazi e dalla
pertinenza delle risposte progettuali che vengono trovate. Per fornire una
struttura di riferimento a questa problematica, di seguito si distinguono sette
tipi di spazzi residenziali che vanno da quello di contiguità tra complesso
residenziale e città sino a quello dell’igiene individuale. La soglia tra uno
spazio e quello successivo è data dall’attività di controllo, in altre parole i
vari spazzi residenziali si definiscono per il numero di persone che esercitano
una funzione di controllo sullo spazio”.
K.Gj.: Il
ruolo del contesto nell’architettura contemporanea e come emerge nella sua
ricerca?
A.S.: In
questa fase usavo il contesto semplicemente dal punto di vista fisico
attraverso la sensibilità dell’architetto. Soprattutto l’opera di Sauer ne era
una grande semplificazione.
[9] Intervista del 10 marzo 2017
K.Gj.: La
progettazione partecipata, pensa che può essere un principio applicabile anche
in Italia?
A.S.: Il
terzo capitolo della dissertazione che è il metodo Sar mostra un notevole
ambito di flessibilità e adattabilità delle scelte.
[10] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
“Da
razionale espositore di problemi e tendenze, il docente tende a trasformarsi
ina architetto-committente, cliente, amministratore, costruttore, compagno di
lavoro, giudice del lavoro dello studente. La sua azione in questa fase varia
così dal dare consigli su come risolvere un particolare problema schizzando in un
angolo del foglio, all’indicare edifici comparabili, all’incoraggiamento (o
scoraggiare) tendenze e idee vicine alla propria impostazione”.
[11] Intervista del 10 marzo 2017
K.Gj.: A
distanza di anni, rivedendo la sua tesi pensa che possa essere incrementata in
qualche modo?
Esiste
una riflessione culturale e architettonica contemporanea sempre se c’è ne una,
sulla questione residenziale?
A.S.: Ho
deciso di rendere disponibile la tesi così come era. ll criterio in più era
quello della “Mixitè”. Essa non poteva rappresentare un semplice “incremento”
perchè doveva proporre una riscrittura completa. Credo che gli elementi più
importanti e innovativi sono il problema della sostenibilità nel campo del
housing sociale, il tema del co-housing e il tema del autocostruzione
soprattutto in contesti periferici.
“Termine tipologia che letteralmente vuol dire
studio dei tipi, cioè della forma esemplare a cui, per avere caratteri comuni,
si possono ricondurre i singoli con le loro varietà. L’uso di termini più
analitici ha però un valore strumentale che non comporta un rifiuto della
riflessione sulla tipologia: quando si parla di “tipologia a corte” a nostro
avviso ci si deve riferire al ruolo urbano che quella forma ha avuto e ai
valori simbolici, formali, funzionali, distributivi, contenuti e condensati
nella tipologia a corte. Si deve sviluppare cioè una analisi più complessa
rispetto al livello analitico della “configurazione planimetrica”, un analisi
che si basa sull’intreccio reciproco dei vari sistemi e sui significati
molteplici che dall’intreccio deriva. La definizione di tipologia edilizia che
si è proposta nel glossario a questa lettura complessa e molteplice intende
richiamarsi. L’insieme eterogeneo di scale, scelte e temi progettuali che sono
stati scissi in questo lavoro in due grandi famiglie: quelle dei “sistemi”
(insediativo e distributivo) e quello delle “configurazioni” (planimetriche e
volumetriche). Attraverso questa riduzione analitica si è posto l’accento sul
meccanismo conoscibile e quantizzabile, piuttosto che sulla vaghezza delle
sovrapposizioni”.
[13] Baires Raffaelli, Semantica e tipologia della forma nell’architettura contemporanea, Roma
2011
“L’architettura nasce da un’idea e un’idea è
una specifica struttura mentale attraverso cui organizziamo, comprendiamo e
diamo significato a esperienze e informazioni esterne”.
[14] Ivi: “Un idea matrice d’architettura può essere
espressa in vari modi: […]. Qualunque sia il modo, non è quasi mai replicabile
visto che il processo di progettazione consiste proprio nell’elaborare un
“sistema formale” unico e appropriato per ogni progetto.
[15] Peter Eisenman, La base formale dell’architettura moderna, Pendragon, Bologna 2009
“Nella
critica moderna i termini volume e spazio sono spesso stati usati genericamente
e in modo intercambiabile, tanto che nessuno dei due rappresenta più un utile
strumento per una discussione razionale”.
Roma,10 marzo 2017
Dott. Arch. Krenar Gjokeja
Dott. Arch. Krenar Gjokeja