sabato 4 marzo 2017

Metodi e strategie compositive


METODO E FORMA

Dall’funzionalismo pragmatico al plasticismo formale

Antonino Saggio, Progettare la residenza

Baires Raffaelli, Semantica e tipologia della forma nell’architettura contemporanea

Le due dissertazioni prese in esame, sono state elaborate all’interno del Dottorato di Ricerca in “Architettura – Teorie e Progetto”, Università degli Studi di Roma “Sapienza” a distanza di vent’anni l’una dall’altra: trattano gli aspetti metodologici e formali dell’architettura. La prima impressione è di un apparente contrasto fra i due aspetti “metodologico e formale”, analizzando accuratamente i due testi emerge chiaramente, che non c’è conflittualità ma piuttosto complicità vicendevole, se pur trattando gli argomenti in modo diverso. Nel caso di Antonino Saggio, l’iter progettuale è esplicito[1], i rapporti tra ricerca e progettazione vengono indagati operativamente, si forniscono suggerimenti, idee, informazioni e metodi anche diversi tra loro. L’azione progettuale è sviluppata e sostenuta grazie ai livelli “enunciativi” e “conoscitivi”, mentre Baires Raffaelli fonda il suo lavoro sulla ricerca formale focalizzata sui “progetti esemplari”, proprio perché  l’interesse e la finalità della ricerca è la comprensione dell’operazione eseguita[2]. Ruolo importante nella ricerca di Raffaelli è attribuito al programma[3] funzionale dell’edificio. Il tutto passa in secondo ordine in quanto l’esito finale è inserito nel plasticismo formale.

Nel primo caso Saggio ci fornisce una serie di informazioni e riflessioni pertinenti alla progettazione della residenza nel contesto delle problematiche future, ma contemporaneamente porta avanti l’indagine[4] sugli rapporti tra ricerca e progettazione attraverso esempi di reciproca integrazione[5].
I progettisti italiani devono fare i conti oltre che con l’oramai consolidata attenzione alla città costruita anche con dei nuovi aspetti che in sintesi sono: densità residenziali adeguate, le soluzioni insediative e distributive adeguate, lo sviluppo organico nei diversi ambiti della vita residenziale, la risposta al cambiamento nella struttura della popolazione e la standardizzazione e progettazione partecipata.
Si può affermare con certezza che questo è uno studio fondato e portato a termine grazie alla dettagliata analisi di queste “priorità”, e alla chiarificazione delle conseguenze che esse comportano per il progetto residenziale.
Vengono approfonditi e studiati gli argomenti che riguardano, gli spazi residenziali, temi distributivi, gerarchia, materiali e informazioni, riflessioni e conoscenze tutto ciò per individuare le priorità e le implicazioni progettuali.
A sostegno di questa tesi sono presentati due progetti tipo. L’uno, realizzato, affronta la ricchezza e la complessità nella progettazione della residenza. L’altro, non realizzato, si focalizza sul percorso progettuale.

L’azione progettuale è sviluppata e sostenuta grazie ai livelli “enunciativi” e “conoscitivi”.
L’articolazione degli spazzi[6] residenziali su una griglia scalare individuati e analizzati su sette spazzi diversi, diventa strumento di controllo.
Il susseguirsi di spazi e forme (città – organismo residenziale) si risolve tramite l’accentuazione per similarità o per contrasto (Roma – Corviale, Marsiglia-Unitè, Vienna Rossa – Karl Marx Hof, Londra – Odhams Site).
I sistemi distributivi vengono trattati attraverso la rivisitazione del sistema a “percorso pensile e quello per case sovrapposte”. Una dualità permanente in questa dissertazione è il binomio regole fisse-componenti variabili.
Il metodo presenta un livello di astrazione e complessità superiore al livello spaziale e distributivo .
La presenza e l’illustrazione di numerosi progetti, rende questa analisi un “progetto pilota”  per l’individuazione di un modo operativo di affrontare i temi in oggetto.
A mio avviso, qui vengono trattati anche una serie di altre questioni che a prima vista potrebbero sembrare secondarie, ma che invece giocano un ruolo fondamentale nella completezza degli argomenti trattati.
Barriere architettoniche e psicologiche (continuità degli spazzi collettivi), progetto architettonico e progetto sociale, guida alla giusta regolazione della vita collettiva e dall’aspetto  comunitario piuttosto che quello pubblico.
I temi e le problematiche affrontate nella prima parte si sono rappresentate tramite un’applicazione pratica. Viene analizzato un progetto di case basse ad alta densità realizzato in un contesto urbano di rilevanza storico-ambientale (Penn’s Landing Square).
Il quartiere rappresenta, anche grazie ai dieci interventi realizzati di Louis Sauer, uno degli esempi di rinnovo urbano più riusciti al mondo in virtù di un intelligente compromesso tra il rispetto della tradizione e le esigenze dell’evoluzione storica, tra le regole del libero mercato e il controllo sulla qualità architettonica. Certamente non è un modello di facile realizzazione, verrà fuori solo dopo una serie di tentativi, coinvolgimento attivo del quartiere nella vita della città attraverso il recupero finalizzato di alcuni manufatti storici e la contemporanea riedificazione di nuove strutture soprattutto residenziali, conoscenza del luogo e interazione progettuale. Una cosa molto importante che viene messa in evidenza dalla ricerca espressiva e la relazione con il contesto, è la riflessione di Sauer[7] sull’insegnamento di Kahn[8]: un order può sopportare molti design. Il valore dell’istituzione pubblica a cui risponde con l’andamento continuo del perimetro era l’ordine concettuale entro cui si poteva muovere la diversificazione dei prospetti in risposta alle varie situazioni di contesto.
Un altro elemento fondamentale, è il progetto redatto per il concorso internazionale dall’autore A new american house che pone argomenti interessanti per la ricerca progettuale nel settore residenziale.
Questo intervento sarà caratterizzato da “Scopi e Alternative” per poi portare ad un risultato finale tramite una serie di “Ipotesi – Verifica”. A supporto di quanto prefisso, l’autore viene supportato da una serie di condizioni che abbiamo già menzionato precedentemente quali flessibilità, partecipazione attiva e collettività che servono a verificare il buon esito del risultato finale in una serie di alternative[9]. Qui entrano in gioco una serie di circostanze che il progettista non può non tenere conto, nuove alternative vengono generate fino a che la verifica con gli scopi non avranno successo, fino a dare forma architettonica alle scelte.
La ricerca è estesa nel ambito didattico attraverso i metodi di Analisi e Sintesi[10]. Si comprendono i diversi aspetti del problema. Il lavoro di gruppo fornisce una rappresentazione completa e chiara del progetto.
Mentre per Saggio, gli aspetti di metodo, convergono su aspetti di natura spaziali o distributive, Raffaelli parte decisamente sugli sviluppi formali e plastici. Entrambi hanno fiducia sulle possibilità di esplicitare dialetticamente i propri temi[11].
Il termine “tipologia[12]” non è mai presente in questo lavoro, per una ragione che l’autore  decide di rendere chiara, soltanto in fase conclusiva. In pratica il termine tipologia non appare mai per la sua mancanza di certezza, forse questo è dovuto alle tre interpretazioni prevalse in Italia, Argan _Gazzola; “forma base”, Rossi – Aymonino; “in rapporto binario con la morfologia urbana”, Muratori – Caniggia; “memoria operativa, spontanea, antropologica del costruire e delle sue regole”. Per queste regole l’autore punta su “spazi residenziali”, “sistemi insediativi” o “sistemi distributivi”.
Vi è una sottile connessione di lettura di quest’ultimo punto con la dissertazione di Baires Raffaelli.
Se l’architettura nasce da un idea[13] allora c’è un solo modo per esprimerlo, tramite un sistema unico per ogni progetto[14], la propria individualità. In questa disertazione emerge chiaramente che lo studio si basa principalmente al “sistema formale”[15], prende in esame alcune architetture molto note, di chiara articolazione del processo tipologico e formale: la scelta ricade su Steven Holl, Rem Koolhaas, Sanaa, Herzog & De Meuron, MVRVD.  Vengono individuate, quattro operazioni successive. La prima come già scritto consiste nell’individuazione di architetti contemporanei dove è riconoscibile uno stretto legame tra teorie legate al lavoro sulla forma ed elaborazione progettuale. La seconda individua dei progetti che riconosca il lavoro sulla forma fino a diventare veicolo e manifesto culturale. La terza, analisi della forma per ogni progetto. La quarta, sintesi e classificazione tipologica finalizzata ad individuare delle categorie spaziali che abbiano il ruolo di coordinate entro cui si sviluppa e si muove gran parte dell’architettura contemporanea. Si manifesta di volta in volta un certo ripensamento sul volume, cioè la ricerca formale si basa solo ed esclusivamente sull’aspetto estetico dell’edifico ma anche in questo caso è il “programma” che deve portare alla progettazione dello spazio architettonico, anche sé la forma diventa veicolo trainante.
Stabilito il programma funzionale si procede mediante alcune operazioni di tipo plastico:
definizione del volume, massa e materia, composizione additiva, materializzazione, trasformazione del volume, quindi si da forma all’architettura contemporanea.




[1] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
“Esplicitazione dei termini, delle problematiche, del campo di applicazione delle soluzioni. Non perché si ritiene che tutto vada esplicitato nel fare progettuale, ma perché si ritiene, allo stesso tempo, che il progresso delle conoscenze e quindi la loro trasmissibilità possa, per altro ovviamente, passare solo attraverso la comunicazione esplicita”.
[2] Baires Raffaelli, Semantica e tipologia della forma nell’architettura contemporanea, Roma 2011
“Progettare uno spazio architettonico significa soddisfare un programma elaborato sulla base di considerazioni pregresse derivanti dal carattere antropomorfologico del luogo, dalle richieste della stessa destinazione, dell’utenza e della committenza. Pertanto ha poco senso iniziare un progetto col disegnare arbitrarie forme in pianta non coerenti col programma sopraesposto”.
[3] Matthew Frederick, 101 Things I Learned in Architecture School, MIT Press, 2007
“Pensate piuttosto alle richieste del programma in modo tale da determinare tutte le esigenze specifiche dell’attività che verrà praticata in quel determinato spazio. Provate a immaginare situazioni o esperienze reali che vi avranno luogo cosi da progettare uno spazio architettonico in grado di accoglierle e favorirle”.
[4] Intervista del 14 marzo 2017
Krenar Gjokeja: Quali erano le motivazioni che l’hanno indotto a scrivere questa tesi?
Antonino Saggio: Ho considerato questa tesi il compimento di dieci anni di lavoro sul tema residenziale.
[5] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
“Rappresentativi in diverse fasi furono gli interventi di 1) del Tiburtino di Mario Ridolfi e di Ludovico Quaroni, le case al Tuscolano di Mario DE Renzi e di Saverio Muratori, le case alla Martella e a San Giusto di Quaroni, le case a Falchera di Giovanni Astengo, 2) il progetto per la Barene di San Giuliano di Quaroni, quello per Tor de’ Cenci di Carlo Aymonino e Luisa Anversa, il Gallaratese di Aymonino, Vigne Nuove di Lucio Passarelli, il Corviale di Mario Fiorentino, 3) le case a Mazzorbo di Giancarlo De Carlo, le case della Giudecca di Gino Valle”.
[6] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
“Un complesso residenziale determina la creazione di una serie di spazi che hanno delle esigenze, funzionalità, configurazione diverse. Il successo dell’intervento dipende – in buona misura – dalla comprensione delle domande che convergono nei diversi spazi e dalla pertinenza delle risposte progettuali che vengono trovate. Per fornire una struttura di riferimento a questa problematica, di seguito si distinguono sette tipi di spazzi residenziali che vanno da quello di contiguità tra complesso residenziale e città sino a quello dell’igiene individuale. La soglia tra uno spazio e quello successivo è data dall’attività di controllo, in altre parole i vari spazzi residenziali si definiscono per il numero di persone che esercitano una funzione di controllo sullo spazio”.
[7] Intervista del 14 marzo 2017
K.Gj.: Il ruolo del contesto nell’architettura contemporanea e come emerge nella sua ricerca?
A.S.: In questa fase usavo il contesto semplicemente dal punto di vista fisico attraverso la sensibilità dell’architetto. Soprattutto l’opera di Sauer ne era una grande semplificazione.
[8] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
[9] Intervista del 10 marzo 2017
K.Gj.: La progettazione partecipata, pensa che può essere un principio applicabile anche in Italia?
A.S.: Il terzo capitolo della dissertazione che è il metodo Sar mostra un notevole ambito di flessibilità e adattabilità delle scelte.
[10] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
 “Da razionale espositore di problemi e tendenze, il docente tende a trasformarsi ina architetto-committente, cliente, amministratore, costruttore, compagno di lavoro, giudice del lavoro dello studente. La sua azione in questa fase varia così dal dare consigli su come risolvere un particolare problema schizzando in un angolo del foglio, all’indicare edifici comparabili, all’incoraggiamento (o scoraggiare) tendenze e idee vicine alla propria impostazione”.
[11] Intervista del 10 marzo 2017
K.Gj.: A distanza di anni, rivedendo la sua tesi pensa che possa essere incrementata in qualche modo?
 Esiste una riflessione culturale e architettonica contemporanea sempre se c’è ne una, sulla questione residenziale?
A.S.: Ho deciso di rendere disponibile la tesi così come era. ll criterio in più era quello della “Mixitè”. Essa non poteva rappresentare un semplice “incremento” perchè doveva proporre una riscrittura completa. Credo che gli elementi più importanti e innovativi sono il problema della sostenibilità nel campo del housing sociale, il tema del co-housing e il tema del autocostruzione soprattutto in contesti periferici.
[12] Antonino Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Roma 1990
“Termine tipologia che letteralmente vuol dire studio dei tipi, cioè della forma esemplare a cui, per avere caratteri comuni, si possono ricondurre i singoli con le loro varietà. L’uso di termini più analitici ha però un valore strumentale che non comporta un rifiuto della riflessione sulla tipologia: quando si parla di “tipologia a corte” a nostro avviso ci si deve riferire al ruolo urbano che quella forma ha avuto e ai valori simbolici, formali, funzionali, distributivi, contenuti e condensati nella tipologia a corte. Si deve sviluppare cioè una analisi più complessa rispetto al livello analitico della “configurazione planimetrica”, un analisi che si basa sull’intreccio reciproco dei vari sistemi e sui significati molteplici che dall’intreccio deriva. La definizione di tipologia edilizia che si è proposta nel glossario a questa lettura complessa e molteplice intende richiamarsi. L’insieme eterogeneo di scale, scelte e temi progettuali che sono stati scissi in questo lavoro in due grandi famiglie: quelle dei “sistemi” (insediativo e distributivo) e quello delle “configurazioni” (planimetriche e volumetriche). Attraverso questa riduzione analitica si è posto l’accento sul meccanismo conoscibile e quantizzabile, piuttosto che sulla vaghezza delle sovrapposizioni”.
[13] Baires Raffaelli, Semantica e tipologia della forma nell’architettura contemporanea, Roma 2011
“L’architettura nasce da un’idea e un’idea è una specifica struttura mentale attraverso cui organizziamo, comprendiamo e diamo significato a esperienze e informazioni esterne”.
[14] Ivi: “Un idea matrice d’architettura può essere espressa in vari modi: […]. Qualunque sia il modo, non è quasi mai replicabile visto che il processo di progettazione consiste proprio nell’elaborare un “sistema formale” unico e appropriato per ogni progetto.
[15] Peter Eisenman, La base formale dell’architettura moderna, Pendragon, Bologna 2009
 “Nella critica moderna i termini volume e spazio sono spesso stati usati genericamente e in modo intercambiabile, tanto che nessuno dei due rappresenta più un utile strumento per una discussione razionale”.

Roma,10 marzo 2017 
Dott. Arch. Krenar Gjokeja